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Stamina, la Regione chiede al Governo il via libera all’accesso terapeutico

staminaLa Regione Abruzzo è stata la prima a esprimersi a favore della somministrazione del metodo Stamina a pazienti per la cui cura del grave quadro patologico non vi siano altri rimedi. Ieri, infatti, il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità la risoluzione presentata da Emilio Nasuti e sottoscritta anche da Camillo D’Alessandro e Riccardo Chiavaroli.

Nel documento si invita “il Governo nazionale e in particolare il Ministro della salute, ad attivarsi ulteriormente e in tempi brevissimi, nella ricerca di soluzioni che possano garantire a tutti coloro che ne facciano richiesta, parallelamente alla sperimentazione scientifica e ai decreti legge, la possibilità di accedere alle cure staminali secondo la metodica Stamina, sotto la responsabilità del richiedente, del medico prescrittore e del direttore del laboratorio di produzione della predetta metodica, poiché l’alternativa attuale per le persone richiedenti è solo quella di un esito infausto del decorso della malattia”.

Il provvedimento interessa molto da vicino anche una bambina di 1 anno di Guardiagrele che potrebbe trovare nel metodo messo a punto dal prof. Vannoni  l’unica ancora di salvezza.

Il metodo Stamina adottato in via esclusiva allo Spedali Riuniti di Brescia potrebbe essere somministrato alla piccolina, sic stantibus rebus, soltanto per ordine del tribunale, ma quello di Chieti ha già respinto la richiesta dei genitori della piccola.

Sulla questione, però, andrebbero fatte considerazioni di vario genere, soprattutto di fronte alle affermazioni  proprio di Nasuti che a margine della seduta dell’Emiciclo ha dichiarato: “L’auspicio è che il Governo si attivi in tempi brevissimi per garantire a tutti il diritto alla salute, che è costituzionalmente garantito. Del resto la terapia Stamina ha prodotto effetti positivi sulla qualità della vita di pazienti a cui la medicina tradizionale non può offrire alcuna altra speranza. Non vedo, quindi, perché non si possa dare loro questa possibilità, che tra l’altro non ha alcun effetto collaterale”.

E sono le ultime due affermazioni che ci lasciano un po’ perplessi: sul diritto alla salute che deve essere garantito siamo d’accordo, e ci mancherebbe,  così come crediamo che chi non abbia più speranze debba poter scegliere se far parte di un processo di sperimentazione, però non ci si venga a dire che un trattamento terapeutico non abbia effetti collaterali, prerogativa di ogni cura, senza avere dati reali e concreti che possano suffragare una tale affermazione. E, poi, credo che a sentir parlare i diretti interessati nessuno mette in dubbio i miglioramenti sulla qualità della vita, il problema semmai è la verifica di un reale effetto terapeutico sulla malattia o, almeno, sulla sintomatologia sulle quali comunque bisogna fare chiarezza.

Appalesate le qualità terapeutiche o meno si potrebbe decidere comunque una somministrazione proprio per le migliorie sulla qualità della vita, ma senza creare false speranze.

Restiamo comunque in attesa di sapere la verità: non vorremmo trovarci di fronte a un nuovo caso Di Bella in cui crediamo molte siano le parti oscure.

 

Luigi Spadaccini
(spadaccini.luigi@alice.it)

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