Anche nei paesi in via di sviluppo cresce il peso delle malattie mortali dei ricchi, come ictus, diabete e cancro. Ciò vuol dire che, se hanno vinto la battaglia contro la fame, queste nazioni hanno da risolvere il problema dell’obesità. Così come accade negli Stati Uniti d’America dove l’epidemia dell’obesità ha creato tanti danni. Ma ora, grazie alla “crociata” di Michelle Obama, la percentuale degli obesi che aveva colpito il 40% della popolazione è in discesa. Michelle Obama ha convinto le scuole ad adottare nelle loro mense menù meno calorici, mentre ormai i distributori automatici dispensano acqua e succhi anziché Coca Cola e Pepsi. Meno 5% a Filadelfia, meno 3% a Los Angeles: certo non sono cali spettacolari, ma sono considerati molto significativi dai nutrizionisti perché è la prima inversione di tendenza che si registra da molti anni. Alla luce di questi risultati, la campagna contro i cibi più nocivi comincia a essere considerata da molti come l’occasione migliore per spingere la gente a mutare i propri comportamenti: qualcosa che all’inizio potrà anche provocare disorientamento e irritazione tra i cittadini, ma che alla fine promette di ricalcare il successo della lotta contro il fumo. Come detto all’inizio, il “problema obesità” sta investendo seriamente anche i cosiddetti “Paesi poveri”, molti dei quali stanno imitando i provvedimenti adottati dagli Stati Uniti per tentare di frenare le pessime abitudini alimentari dei propri cittadini.