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Vallone Lebba, la lenta agonia della pista ciclabile

Il piacevole colpo d’occhio offerto dalla rigogliosa campagna piena di vigneti e  uliveti è offuscato dai rifiuti. Se ne trovano in gran quantità lungo la pista ciclabile di Vallone Lebba. O meglio in quel che resta del percorso naturalistico costato più di 600mila euro di soldi dei contribuenti e da anni trasformato in  una enorme discarica a cielo aperto dove è possibile trovare di tutto: dai calcinacci che qualche impresa edile ha  pensato bene di abbandonare da quelle parti piuttosto che smaltirli in maniera appropriata, ai pneumatici (ce ne sono tantissimi), alle buste stracolme di materiale non differenziato, ai materassi e alle suppellettili.

Nel torrente Lebba,  dove anni fa era possibile pescare,  sono finiti una sedia da giardino e dei mobiletti. E’ possibile rinvenire micro discariche di rifiuti anche tra la fitta vegetazione di canne, che in alcuni tratti hanno completamente inghiottito la staccionata di legno divelta in altri punti. La carreggiata si presenta irregolare: l’asfalto dissestato e in parte assente si alterna a pietrisco. Da quelle parti le biciclette non si vedono più da anni. Quel che resta del percorso viene utilizzato dai trattori e dalle macchine.

UN VIAGGIO NEL DEGRADO – Il viaggio del Centro inizia in contrada Villa De Nardis. Accompagnati dalle guardie ecologiche ambientali (Geav), percorriamo un tratto della pista realizzata sulle sponde del torrente Lebba. Quello che si presenta ai nostri occhi è uno spettacolo che non vorresti mai vedere. Lavatrici, sedie, divani, materiale edile, pneumatici, cassette di legno, plastica e buste piene di rifiuti indifferenziati. Non c’è un angolo rimasto incontaminato, l’intero percorso è disseminato di micro discariche abusive.

Si sfiora il paradosso quando lo sguardo si posa su una telecamera installata sopra un palo della luce. C’è  un cartello che ne segnala la presenza. Pensi sarà un deterrente, ma non è così. Gli inquinatori, per nulla preoccupati di essere ripresi e  nella convinzione di farla franca, hanno buttato in quel punto un materasso e tantissimo altro pattume.

“Si comportano così perché non c’è un adeguato sistema di videosorveglianza”, commenta laconico Marco Cannarsa, comandante delle guardie ecologiche ambientali, “basterebbe posizionare delle foto trappole. Sono dispositivi  utilissimi che vengono utilizzati per catturare le immagini e immortalare le targhe delle auto usate per trasportare i rifiuti”. Gli impuniti incivili non hanno risparmiato neanche il torrente Lebba, in alcuni punti invaso dal pattume. Immersi nell’acqua si intravedono un tavolinetto da giardino e delle sedie. Sono lontani i tempi in cui in quel canale era possibile pescare gamberi di fiume.

SPRECO DI DENARO PUBBLICO  – Non è solo un problema di inciviltà. Le condizioni in cui versa la pista ciclabile di vallone Lebba gridano vendetta per lo stato di incuria e di abbandono. L’infrastruttura è stata realizzata nel 2010, durante la precedente amministrazione guidata da Luciano Lapenna, con fondi del Patto Trigno –Sinello, destinati alla “creazione, adeguamento e potenziamento delle strutture per lo sport e il tempo libero”. Sono stati spesi oltre 600mila euro, di cui 365mila per la realizzazione della pista, 57mila euro per gli onorari dei professionisti, 5mila euro per i tecnici comunali, 20mila euro per il Totem e il Touch screen e circa 137mila euro per la cosiddetta cartellonistica, tra cui un  video costato 37mila euro.

Anna Bontempo (Il Centro)

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