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Il miraggio delle dune da noi ha vinto il cemento

Tutta la costa adriatica abruzzese fino alla seconda guerra mondiale era un cordone dunale da Martinsicuro a San Salvo Marina.  Cemento e stabilimenti, uniti alla forte antropizzazione,  hanno modificato la morfologia della costa. Quello che resta  oggi di questo prezioso habitat e conserva ancora un valore naturalistico è un residuo a Martinsicuro oltre all’area dunale della riserva marina di Torre Cerrano, situata tra i comuni di Silvi e Pineto, in provincia di Teramo, la prima area marina protetta abruzzese e del medio Adriatico.

Pescara, Montesilvano e Francavilla sono state completamente cementificate: da quelle parti l’ambiente dunale non esiste più. Per trovare  le dune sabbiose con la tipica vegetazione bisogna spingersi fino a Ortona nella riserva naturale regionale di Ripari di Giobbe. Qui la falesia rocciosa si confonde a tratti nella macchia mediterranea che ricopre la parete collinare a ridosso di una cala nascosta.

Ma il tratto di costa più interessante è sicuramente quello del sud Abruzzo: la spiaggetta di Punta Penna incastonata nella riserva naturale di Punta Aderci (285 ettari di superficie da Punta della Lotta alla foce del fiume Sinello), la riserva Marina di Vasto che è anche zona Sic (sito di interesse comunitario) e il Biotopo costiero di San Salvo. Questi rarissimi ambienti sono riusciti miracolosamente a resistere alla cementificazione e alla forte pressione delle strutture ricettive e degli stabilimenti balneari.

Negli anni ‘60 le dune venivano sistematicamente spianate con le ruspe”, ricorda l’architetto Francesco Paolo D’Adamo che nel suo archivio conserva foto storiche della costa vastese, “dove ora c’è il lungomare Duca degli Abruzzi era tutta area dunale. La cementificazione di quel tratto ha fatto tabula rasa”.

Perché gli ambientalisti difendono questi ambienti a spada tratta?

“La valenza delle aree dunale non è solo naturalistica”, spiega Vincenzo Ronzitti, ecologo, “le dune sono un avamposto naturale contro il fenomeno erosivo. Non esiste una miglior forma di tutela: le dune lavorano in un ambiente dove pochi organismi riescono a sopravvivere. La valenza ecologica si abbina a quella economica. Prendiamo l’esempio di Vasto: è l’unico comune della costa abruzzese che non ha le barriere frangiflutto contro l’erosione marina grazie alla presenza delle dune. Gli attentati ci sono stati eccome”, prosegue l’esperto, “ma da parte degli ambientalisti c’è stata una continua attenzione”.

Cemento, stabilimenti balneari, pulizia della spiaggia e incendi remano contro gli ambienti dunali. E’ dei giorni scorsi la notizia di un pezzo di macchia mediterranea andato in fumo nei  pressi dell’hotel Perrozzi, un incendio di origine dolosa che ha spinto l’amministrazione comunale a sporgere denuncia contro ignoti.

“Noi 50enni abbiamo avuto la fortuna di conoscere quegli ambienti”, osserva con un pizzico di nostalgia Stefano Taglioli, guardia ecologica del Wwf e coordinatore del gruppo fratino, “Vasto è nell’Adriatico il tratto di costa più importante con la spiaggia di Punta Penna, relativamente giovane, formata dopo la costruzione del molo di ponente del porto. La realizzazione dell’infrastruttura ha fatto si che la sabbia e la terra del fiume Sinello trovassero un ostacolo e si depositassero sulla riva. A Punta Penna l’ambiente dunale è giovane, Vasto Marina vanta invece un ambiente storico. Qui la tutela è più difficile per la presenza di alberghi e case. Fino a qualche anno fa venivamo derisi perché ci occupavamo di fratini, per fortuna oggi questi atteggiamenti mentali sono diminuiti. Se si fosse dato ascolto agli ambientalisti non si sarebbe perso tutto questo tempo. Oggi il turismo naturalistico è cresciuto, ma si scontano dei ritardi per colpa di questa mentalità che è cambiata anche grazie al Centro che ci ha dato una grossa mano a sensibilizzare l’opinione pubblica”, conclude Taglioli.

       Anna Bontempo (Il Centro)

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