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Tasse imprese, a Vasto in quattro anni sono calate dello 0,3 per cento

Il 6 agosto a Vasto. L’8 a Lanciano. L’11 a Chieti. Sono le date in cui, nei tre centri maggiori della provincia, le imprese smetteranno di lavorare per lo Stato, cominciando a lavorare per sé e non più per il socio occulto. Con il risultato che, a parità di reddito dichiarato, stimato in 50mila euro, nel centro vastese una micro impresa può ragionevolmente mettersi in tasca, una volta pagati tasse e balzelli vari, oltre 20mila euro di reddito disponibile, contro i 19mila 789 di Lanciano e i 19mila 293 del capoluogo. E’ la fotografia tracciata dallo studio “Comune che vai tassa che trovi” realizzato dal responsabile nazionale dell’area fiscale della Cna, Claudio Carpentieri, che ha provato, mettendo insieme tutte le voci nazionali, regionali e comunali che compongono il paniere fiscale a carico delle imprese, in quale giorno esatto un piccolo imprenditore smette di devolvere il frutto del proprio lavoro all’Erario, ed inizia a guadagnare per sé e per la propria famiglia. Nei quattro capoluoghi di provincia, ma anche negli altri otto centri maggiori, equamente suddivisi nelle quattro province abruzzesi: Giulianova, Roseto, Montesilvano, Spoltore, Lanciano, Vasto, Avezzano, Sulmona.
Lo studio della Cna nazionale ha miscelato, in un cocktail tradizionalmente indigesto per le imprese come per le famiglie, tutte le possibili voci legate a tasse nazionali, regionali e locali. Dunque Irpef, addizionali pagate sull’Irpef, tasse per lo smaltimento dei rifiuti e i diversi servizi locali, Imu. Una miscela micidiale, che a Vasto, tuttavia, appare in significativa controtendenza, soprattutto se si paragonano aliquote e percentuali del 2015 con quelle dell’anno assunto per tutti i comuni come termine di paragone: il 2011. Ebbene, in questi quattro anni Vasto è stato il solo centro della regione ad apportare, sulla tassazione globale, una correzione (seppur minima) al ribasso (-0,3 per cento); mentre sia Chieti (+2,1 per cento) che Lanciano (+3 per cento) hanno segnato aumenti.
Solo ad agosto, dunque, secondo un curioso calendario parallelo a quello ufficiale, che pure presenta differenze abbastanza significative, scocca nei tre principali centri il “tax free day”, una sorta di Festa della Liberazione fiscale. E anche in questo caso – il paragone corre sempre al 2011 – è a Vasto che si colgono i risultati migliori. Se infatti nel 2011 la data fatidica era fissata sul calendario al 7 agosto, nel 2015 – come detto – si è guadagnato un giorno esatto, fissando al 6 la data fatidica. Poco si dirà, ma sempre meglio di quanto accade in tutti gli altri centri presi in esame dallo studio: perché con l’eccezione di Teramo (stessa data nel 2011 e nel 2015), per tutte le altre città tira aria decisamente peggiore, con Chieti avanti di ben otto giorni (era il 3 agosto, ora è l’11), Lanciano addirittura di quindici (dal 27 luglio all’8 agosto).
Un quadro a tinte fosche, dunque. In cui le diverse voci della fiscalità nazionale (Irpef), regionale (addizionali pagate sull’Irpef) e locale (smaltimento rifiuti, Imu, servizi vari) finiscono per determinare un’autentica emorragia nelle tasche delle imprese, secondo una scala gerarchica che, nel 2015, fa ancora dell’Erario il predatore più vorace nella proporzione della pressione fiscale: 40,6per cento di valore medio regionale (media nazionale del 40,2), contro il 7,4 per cento della componente regionale (media Italia al 6,7per cento), e il 13,7 per cento della media comunale.
A margine del quadro disegnato da Carpentieri la Cna di Chieti ha presentato un pacchetto di proposte per alleggerire la pressione fiscale che grava sulle piccole imprese italiane e abruzzesi. All’incontro, tenuto alla Casa di conversazione, oltre al curatore dell’indagine (il responsabile nazionale dell’area fiscale della Cna, Claudio Carpentieri) hanno preso parte il presidente e il direttore della confederazione artigiana provinciale, Savino Saraceni e Letizia Scastiglia. Presenti anche i sindaci di Lanciano, Mario Pupillo, e di Vasto, Luciano Lapenna.
Nel nutrito pacchetto di proposte messe a punto dalla Cna, spicca la richiesta di introdurre un principio, secondo il quale “chi più dichiara meno paga”, corredato dalla modifica del regime dei minimi, dalla applicazione delle imposte solo al reddito effettivamente incassato, dalla revisione di alcuni aspetti particolarmente gravosi legati all’introduzione della fatturazione elettronica. Nutrito anche il capitolo legato alla tassazione locale, autentica spina nel fianco del sistema delle imprese. Bersaglio delle richieste di modifica è soprattutto la temutissima imposta sugli immobili, l’Imu, che secondo la Cna deve poter essere totalmente deducibile dal reddito di impresa e dell’Irap; misura, questa, cui va associata una riduzione del 50 per cento su immobili strumentali destinati alla produzione del reddito dell’impresa.

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